PARTITO DELLA
RIFONDAZIONE COMUNISTA

Gruppo Consiliare - Corsico

Corsico, 25 marzo 2002

E’ a tutti noto l’esito della votazione sul bilancio del 26 Febbraio scorso: con quindici voti a favore, altrettanti contro e l’astensione del nostro Gruppo, il Consiglio Comunale ha di fatto respinto l’approvazione del bilancio 2002 e degli atti ad esso collegati.

Si è trattato di un atto politico rilevante, epilogo prevedibile di un rapporto a dir poco burrascoso all’interno dell’attuale maggioranza, che ha visto la defezione definitiva di tre consiglieri originariamente eletti nelle liste dei Democratici di Sinistra (i consiglieri Andolfi, Grego e Russo) e del consigliere Grieco, del Gruppo SDI.

In quella occasione il sottoscritto, nella funzione di capogruppo del PRC, ha espresso un voto di astensione motivata: a fronte, infatti, di scelte programmatiche da noi non condivise (e, comunque, in larga parte non previste nel periodo di competenza del bilancio in votazione), l’Amministrazione di Corsico aveva ritenuto di mantenere pressoché inalterata l’erogazione di servizi sociali e culturali, pur in presenza di drastiche riduzioni dei trasferimenti di fondi statali, volute dalla Legge Finanziaria 2002. Tale scelta, non scontata, né praticata in tante altre amministrazioni comunali, ci ha indotto a non bocciare l’ipotesi di bilancio e ad esprimere un voto di "astensione ragionata".

Oggi, 25 Marzo 2002, ad un mese dalla mancata approvazione del bilancio preventivo per l’anno in corso, ci ritroviamo in quest’aula per un nuovo tentativo di vararlo, voluto dalla maggioranza consiliare e consentito dal D.M. 27 febbraio 2002.

La struttura e il contenuto degli atti in approvazione non sono diversi da quelli sottopostici nelle sedute del 21 e 26 Febbraio, se non nella minima quota illustrataci nella proposta di deliberazione.

Non sono sostanzialmente cambiati (almeno stando a quanto apparso sugli organi di informazione) gli atteggiamenti che le parti hanno tenuto nelle citate sedute, né sono emerse nel frattempo (se si eccettua quella fatta dal consigliere Grego nella discussione del 26 Febbraio e sulla quale tornerò più avanti) proposte attinenti l’argomento, in grado di apportare sostanziali elementi di novità nella discussione e nelle successive determinazioni.

E’, invece, molto cambiato il clima politico e sociale generale e, per le inevitabili ripercussioni che questo determina sulle scelte di tutte le istanze amministrative, il clima a livello locale, nella città e in quest’aula.

Due recenti eventi (a loro modo entrambi "annunciati") hanno fatto irruzione sulla scena politica e sociale italiana, determinando, al di là delle ammissioni più o meno sincere, un profondo sconquasso nelle coscienze dei singoli e dei gruppi.

Mi riferisco al barbaro assassinio del Prof. Marco Biagi e all’imponente manifestazione del 23 Marzo a Roma.

Non c’è dubbio che i due eventi siano in ambigua relazione tra loro, ma non nel senso indicato dal Presidente del Consiglio e dai suoi luogotenenti governativi e confindustriali: l’efferato assassinio non trova origine nella "spirale dell’odio politico, fomentato da un linguaggio degno di una guerra civile", come ha avuto modo di delirare Berlusconi, né "nasce in un clima d’odio, in una campagna di denigrazione", come sostiene, altrettanto farneticando, lo sponsor principale dell’attuale Governo, nonché presidente di Confindustria, Antonio D’Amato.

L’omicidio Biagi si inserisce, com’è tradizione nel nostro paese, in un contesto di strategia della tensione, che da sempre ha come unico obbiettivo quello di ostacolare la crescita di un movimento democratico, assolutamente pacifico, che si vorrebbe meno democratico e niente affatto pacifico (l’odierno attacco alla CGIL del Ministro Martino e del Sottosegretario Sacconi ne è evidente dimostrazione!). E’ proprio qui che, indipendentemente da chi materialmente l’abbia compiuto e dall’effetto boomerang relativo alla scelta scellerata di sopprimere le scorte per personaggi "dichiaratamente esposti", l’assassinio del Prof. Biagi diventa, di fatto, strumentale al disegno governativo di criminalizzazione del movimento.

E’ in questo passaggio l’unico vero collegamento con l’altro evento, quello che ha portato a Roma, solo l’altroieri, milioni di lavoratori, di pensionati, di giovani, di soggetti sociali più vari, a manifestare, su invito della CGIL, contro il tentativo del Governo di far tornare indietro di decenni, in nome di un modernismo che nasce già vecchio, lo stato dei diritti non solo dei lavoratori, ma dell’intera società italiana. La manifestazione nazionale del 23 scorso, alla quale sono fiero di avere partecipato insieme ai miei compagni del circolo di Rifondazione Comunista di Corsico, ha avuto questo valore aggiunto: la dichiarazione chiara e non mistificabile che il dissenso profondo nei confronti delle scelte del Governo Berlusconi e dei suoi collaboratori e consiglieri noi pretendiamo di manifestarlo democraticamente e pacificamente, che il terrorismo non è solo estraneo al nostro modo di concepire la lotta politica, ma che rappresenta l’ostacolo principale al dispiegarsi delle potenzialità del movimento, che l’odio non fa parte del nostro DNA e che le uniche provocazioni e istigazioni all’odio le abbiamo lette nelle parole del Presidente del Consiglio quando ha parlato di "manifestazione dei padri contro i figli", annunciando, con il consueto atteggiamento strafottente, che se ne avessimo volute, ci avrebbe fornito "altre occasioni per manifestare" (anzi, "per fare festa" secondo la sua arrogante accezione).

La preoccupazione a livello nazionale è, per noi, davvero grande, anche perché risulta alimentata dalle note scelte governative a favore di interessi personali di Berlusconi e dei suoi compagni di merenda e perciò stesso sfavorevoli a quelli del Paese.

Ma anche a livello locale i timori non mancano, e il quadro amministrativo deve essere attentamente valutato e trattato.

L’ingarbugliata situazione prima ricordata rende inevitabile, crediamo, l’espressione di un voto da parte dei cittadini di Corsico.

Ma la prospettiva di un lungo, lunghissimo periodo di commissariamento, stante l’abolizione della tornata autunnale di elezioni amministrative, crea non poca apprensione tra i cittadini stessi e tra i loro rappresentanti in seno al Consiglio Comunale, cioè tutti noi.

E non solo i consiglieri di maggioranza, com’è ovvio, guardano al commissario prefettizio con sacro terrore; dalle dichiarazioni rese alla stampa locale da vari esponenti della minoranza consiliare di destra traspare (ovviamente insieme alla legittima soddisfazione di vedere la controparte in difficoltà) non poca preoccupazione nei confronti dell’ipotesi di commissariamento: Alleanza Nazionale paventa, attraverso le parole del consigliere Centola, il "…rischio di vedere compromessi alcuni servizi di base alle persone", definendo "…umiliante per i cittadini di Corsico… un periodo commissariale di oltre un anno…"; il consigliere Uggeri, del Gruppo Lega Nord, sembrerebbe condividere tali angosce, quando afferma, a ragione, che "…se si andasse allo scioglimento del Consiglio, questa maggioranza si assumerebbe una ben pesante responsabilità, lasciando la città in mano ad un commissario per più di un anno". Anche Forza Italia, per voce della consigliera Pasinelli, oltre a sperare "…che il Sindaco cada su temi seri e in modo altrettanto serio, non grazie ad iniziative personali", trova "…molto strano che la sinistra consegni il governo della città in mano ad un commissario per quindici mesi…".

Noi di Rifondazione Comunista, oppositori da sinistra alla Giunta Graffeo (stante il mancato accordo elettorale col centro-sinistra), abbiamo sin dall’inizio ispirato il nostro comportamento alla non pregiudizialità, operando sempre nell’interesse della città e in tal senso valutando con obiettività ogni singolo atto venisse sottoposto al Consiglio.

Abbiamo da sempre cercato di incalzare questa Giunta affinché si facesse portatrice di valori legati alla cultura, oltre che alla pratica, della sinistra: in tal senso, ad esempio, ci siamo fatti portatori di proposte che riteniamo abbiano qualificato la stesura del nuovo statuto comunale.

Il nostro "essere di sinistra" non ha significato né significa semplicemente aderire ad uno schieramento elettorale, ma agire con coscienza profonda e ricchezza di valori che portino all’affermazione delle classi sociali subalterne (in primo luogo lavoratrici e lavoratori), tutt’altro che estinte, come qualcuno vorrebbe farci credere!

Oggi, come e più di altri, riteniamo che il commissariamento prolungato del Comune costituisse un blocco inaccettabile per l’attività amministrativa a Corsico.

Troppi interessi particolari potrebbero prendere il sopravvento su quelli collettivi.

Troppe partite sono attualmente aperte e necessitano di una gestione amministrativa compiuta, rivolta al bene di tutti i cittadini corsichesi.

La stessa vicenda della Cascina Guardia di Sopra è esemplare nella sua evoluzione e, speriamo momentanea, conclusione!

Hanno voglia di sbracciarsi gli oppositori dell’ipotesi di cessione dei diritti di superficie all’associazione buddista Soka Gakkay: gli ostacoli, anche di natura culturale e religiosa, rispondono all’appello di interessi cementificatori che contrastano palesemente con l’attuale destinazione d’uso. E’ per questo che Rifondazione Comunista non solo si oppone fermamente ad ogni ipotesi di variazione di quest’ultima, all’interno o all’esterno di STU, ma caldeggia la ripresa dei contatti con l’associazione buddista che, se l’Amministrazione si dimostrerà in grado di continuare a governare Corsico, potrebbe sperabilmente rivedere la posizione di rifiuto e ridare alla città l’opportunità culturale, sociale e, perché no!, finanziaria, che merita e che le è stata sottratta.

Ma tanti altri sono i motivi per cui un commissariamento sarebbe deleterio per le sorti della città:

Ciò, e non solo questo, è quanto si potrebbe fare nel corso del corrente anno ed è anche ciò che non si potrà attuare in caso di commissariamento. Cosa intende fare la maggioranza per scongiurare tale possibilità?

Claudio Mendicino


La crisi del centrosinistra a Corsico


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